Eroi d'América: Julio César Romero
© foto di Nicolo' Zangirolami/Image Sport
Strana carriera quella di Julio César Romero, uno dei migliori giocatori nella storia del Paraguay, unico calciatore del suo Paese inserito nel FIFA 100, la lista dei migliori calciatori viventi stilata da Pelé nel 2004. Una carriera iniziata col botto e andata poi scemando, con la sensazione di incompletezza tipica di quei giocatori di talento che si fermano alle soglie del gran balzo tra la notorietà e la leggenda.
Il debutto tra i grandi del giovane Romero è datato 1977, con la casacca dello Sportivo Luqueño, la squadra della sua città nella quale tornerà spesso e volentieri. Non è uno dei club più vincenti del Paraguay, ma è sufficiente come trampolino di lancio, tanto che già nel 1979, a 19 anni, viene convocato nella selezione Under 20 che disputa il mondiale di categoria. Il palcoscenico è l’ideale per mettersi in mostra, anche se l’attenzione del mondo è tutta per Maradona, coetaneo di Romero e trascinatore della sua Argentina verso il titolo. I paraguayani fanno comunque bella figura, cedendo soltanto ai quarti all’Unione Sovietica dopo i calci di rigore, con Romero a segno quattro volte in altrettante partite.
È il 2 settembre e la Copa América è già iniziata, ma per fortuna del Paraguay la formula delle convocazioni è elastica, tanto che Romerito, come ormai viene chiamato dai tifosi, può prendere parte anche al torneo dei grandi. Entra in scena soltanto in semifinale, però, contro il Brasile di Zico e Falcão. I Guaraní vincono in casa per 2-1 e sono chiamati a resistere nella bolgia del Maracaná. Morel annulla la prima rete di Falcão, ma quando Sócrates firma il 2-1 a mezzora dal termine sembra inevitabile la capitolazione. Non è così, invece, perché sette minuti dopo scocca l’ora della gloria per Romero, che sorprende la retroguardia verdeoro e fa ammutolire lo stadio. In finale l’avversario è più abbordabile, il Cile alla ricerca della prima vittoria, e ad Asunción Romero regala spettacolo, segnando una doppietta nel 3-0 finale. La regole che non considerano la somma gol nel doppio confronto permettono ai cileni di guadagnarsi lo spareggio con una vittoria di misura sul proprio terreno, ma a quel punto, dopo che a Buenos Aires il risultato è inchiodato sullo 0-0 anche al termine dei supplementari, il regolamento premia il Paraguay, che così conquista la seconda Copa América della sua storia, alla fine vinta proprio grazie alle due reti di Romerito nella gara d’andata.
Forse frastornato da tanta notorietà, Romero commette l’errore di accettare l’offerta, vantaggiosa solo economicamente, da parte dei New York Cosmos. Gioca insieme a Beckenbauer e vince due titoli della NASL, ma la poca competitività del campionato nordamericano lo allontana dai riflettori. Nel 1983 capisce l’errore e passa alla Fluminense con la quale vivrà i suoi anni migliori. La sua rapidità e la sua grande abilità come rifinitore ne fanno uno dei beniamini del pubblico, tanto da vincere, nel 1985, il Pallone d’Oro del Sud America.
Nell’estate seguente ha un’altra opportunità per farsi conoscere dal mondo, quando disputa i mondiali messicani con la sua nazionale, che mancava dalla fase finale da ben 28 anni. I Guaraní terminano il primo turno alle spalle dei padroni di casa, ai quali Romerito strozza in gola l’urlo di vittoria costringendoli al pareggio con una rete a cinque minuti dal termine, bissando quella segnata all’esordio contro il modesto Iraq. Agli ottavi, però, l’Inghilterra si dimostra troppo forte, mettendo fine al cammino dei sudamericani.
Dopo due anni lascia il campionato brasiliano, che aveva vinto nel 1984, e approda finalmente in Europa dalla porta principale, chiamato nel Barcellona di Johann Cruyff, quello che verrà ricordato dai propri supporter come il Dream Team. Proprio per la grande quantità di campioni in rosa per Romero lo spazio è troppo poco e a fine stagione decide che il calcio del Vecchio Continente non fa per lui volando in Messico, al Puebla. Da lì in poi inizia un andirivieni, con sempre lo Sportivo Luqueño come punto d’approdo, che lo porta all’Olimpia Asunción, poi in Cile con il La Serena e infine di nuovo in patria col Cerro Corá, senza grandi soddisfazioni, ma sempre con l’affetto del pubblico.
Terminata la carriera nel 1998, ovviamente nella sua Luque, con all’attivo oltre 400 gol e al terzo posto tra i marcatori in nazionale, prova l’avventura politica nel Partito Colorado nelle elezioni municipali, divenendo Consigliere dal 2001 al 2006. Infine, sempre nel 2006, eccolo esibirsi davanti a 40000 persone in versione cantante rock, al Pilsen Rock festival. Ma per chi è riuscito a zittire 80000 brasiliani al Maracaná non sarà stato certo un problema farne cantare la metà.
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