Eroi d'América: José Ernesto Diaz
© foto di Nicolo' Zangirolami/Image Sport
Un serio professionista del calcio. Così può essere ricordato José Ernesto Diaz, che ben prima dell’era Maturana e della vittoria in Copa América del 2001 seppe far sognare i suoi tifosi e portare la nazionale dei Cafeteros a vette mai raggiunte in precedenza.
Il club del suo destino è il Santa Fe, El Expreso Rojo, come viene chiamato dai tifosi. Una squadra storica del campionato colombiano, prima a vincere il torneo nel 1948. Diaz entra in prima squadra nel 1971, a nemmeno 20 anni, e subito centra il titolo e conquista la nazionale giovanile che partecipa al Sudamericano Sub 20 prima, e alle Olimpiadi di Monaco poi, nelle quali però si arrende subito a Polonia e DDR, troppo forti. La svolta arriva nel 1975, col secondo titolo nazionale, che poi sarà l’ultimo del Santa Fe nella sua storia, e con la convocazione per la Copa América.
Per la Colombia il girone iniziale è un trionfo, con quattro vittorie su altrettante gare. Diaz decide le due col Paraguay e va a segno anche contro l’Ecuador. A quel punto l’avversario della semifinale è l’Uruguay campione in carica, un ostacolo che sembra insormontabile, ma che crolla già a Bogotá. Finisce 3-0 e Diaz non manca di mettere il sigillo personale al trionfo, prima dell’inutile vittoria di misura della Celeste, a Montevideo. Tutta la Colombia sogna finalmente il primo titolo continentale della sua storia, anche perché in finale c’è il Perù, che in un’edizione ricca di sorprese ha fatto fuori il Brasile. I Cafeteros e la Blanquirroja fanno loro le due gare casalinghe e si rende necessario lo spareggio, giocato a Caracas e deciso dal peruviano Sotil. Un gol che pone fine ai sogni di gloria colombiani, che tornano nel cassetto per un altro quarto di secolo.
Diaz, capocannoniere del torneo, finisce comunque sotto i riflettori e riceve un’offerta impossibile da rifiutare. A contattarlo è lo Standard Liegi, che ne fa il primo calciatore colombiano ad attraversare l’Oceano per giocare nel Vecchio Continente. In Belgio, però, resta solo due stagioni. Troppo diverso il clima e il modo di giocare per potersi adattare senza problemi e, nel 1979, eccolo di nuovo in patria, con l’Atlético Junior di Barranquilla, e poi a Medellín, con l’Independiente.
Da lì, nel 1982, il ritorno a Bogotá, però con la maglia del Millonarios, grande rivale del Santa Fe negli anni d’oro. Per sua fortuna, essendo passato qualche anno, la rivalità non è più tanto sentita e anzi gli permette di tornare per un breve periodo con Los Cardenales, prima di chiudere definitivamente la carriera nel 1987 col Millonarios.
Nel frattempo aveva disputato altre due edizioni della Copa América, ma senza più raggiungere grandi risultati. Nel 1979 la Colombia cede subito al Cile, nonostante Diaz firmi la vittoria nello scontro diretto di Bogotá, mentre nel 1983 è ancora una volta il Perù a sbarrarle la strada. Chiusa la carriera aprirà una scuola calcio e gestirà l’azienda di famiglia, fino al 2002, quando un infarto pone fine alla sua vita a soli 50 anni. Non in casa o al lavoro, ma su un campo di calcio, a Miami, mentre disputa una gara amichevole. Il destino, crudele e beffardo, gli ha concesso almeno di morire facendo la cosa che ha amato di più.
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