Eroi d'América: Carlos Caszely
© foto di Daniele Buffa/Image Sport Prima di Zamorano e Salas, il gol in Cile era sinonimo di Carlos Caszely. Di taglia piccola, ma dal grande intuito, Caszely, purtroppo per lui ha fallito solo due appuntamenti, quelli più importanti.
Nato a Santiago e figlio di un ferroviere di origini ungheresi, Carlos Caszely entra fin da bambino nelle giovanili del Colo Colo e di fatto viene marchiato a fuoco, perché in patria non vestirà altra maglia che non sia quella bianca del club più popolare e vincente. Debutta in prima squadra nel 1967, a 17 anni, conquistando il primo titolo nazionale nel 1970, bissato due anni dopo. Ancora giovane, Caszely si impone all’attenzione internazionale in Copa Libertadores. È il primo cileno, e ad oggi ancora l’unico, a vincere la classifica marcatori, trascinando il suo club per la prima volta in finale, dove viene sconfitto allo spareggio dagli argentini dell’Independiente.
La fama raggiunta gli vale l’interesse del calcio europeo, tanto da passare agli spagnoli del Levante per una cifra record. Resta una sola stagione tra i valenciani, passando poi all’Espanyol nel 1974, l’estate del suo primo mondiale. Ed è un debutto traumatico, perché nella gara inaugurale contro i padroni di casa della Germania Ovest, il Cile perde di misura, ma soprattutto Caszely, con una doppia ammonizione che lascia qualche dubbio, entra nella storia per essere stato il primo giocatore ad essere espulso in Coppa del Mondo col cartellino rosso, che era stato introdotto dalla FIFA quattro anni prima.
Dopo il mondiale, i contrasti con la dittatura instaurata da Pinochet lo allontanano dalla Roja, mentre prosegue la sua avventura nella Liga, che durerà per altre quattro stagioni, tutte con la seconda squadra di Barcellona. Quando poi, nel 1978, rientra in patria e torna a vestire i colori dell’amato Colo Colo, si riaprono anche le porte della nazionale, in vista della Copa América del 1979. Il Cile inizia sul velluto contro il Venezuela, per poi guadagnarsi la qualificazione battendo la Colombia con un gol proprio di Caszely. È in semifinale, contro i campioni in carica del Perù, che serve l’impresa, e il Cile la centra già a Lima, andando a vincere per 2-1 con doppietta proprio del suo piccolo bomber. A questo punto ci si gioca l’ingresso nella storia in finale col Paraguay, ma dopo una vittoria per parte si va allo spareggio e, col risultato che non si sblocca nemmeno dopo i supplementari, il regolamento premia i Guaranì per aver vinto la propria gara con più gol.
Per dimenticare le delusioni internazionali, Caszely si rituffa sul campionato nazionale, che vince altre tre volte, con altrettanti titoli di capocannoniere e altrettante Coppe del Cile, prima dell’ultima chance per tentare di portare in alto la Roja in Coppa del Mondo, nel 1982.
Il debutto è contro l’Austria, che passa in vantaggio col futuro torinista Schachner. Nella ripresa il Cile ha però l’opportunità di pareggiare dal dischetto, ma Caszely ancora una volta scivola sul più bello mancando la realizzazione. La sconfitta di fatto elimina i cileni, che poi non possono nulla contro la forte Germania, prima di cedere anche alla sfortunata Algeria, vittima del biscotto tra tedeschi e austriaci. A Caszely non resta che giocare gli ultimi anni sempre col Colo Colo, abbandonando la nazionale nel 1985, l’anno dell’addio al suo club, prima dell’ultima, breve, esperienza in Ecuador, col Barcelona di Guayaquil.
Finita la carriera agonistica aumenterà il suo impegno civile, con l’appoggio ai movimenti di opposizione al regime di Pinochet, che negli anni precedenti aveva anche fatto arrestare sua madre. Alla caduta del dittatore, negli anni Novanta, rifiutò però di entrare attivamente in politica, temendo il mero sfruttamento della sua immagine. Si dedicherà, invece, alla carriera di giornalista, laureandosi e diventando poi uno dei più apprezzati telecronisti del Paese, con la speranza di poter commentare, finalmente, il primo titolo sudamericano del suo Cile.
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