Eroi d'América: Arthur Friedenreich
© foto di Daniele Buffa/Image Sport Prima che la televisione trasformi il calcio in evento globale, prima che la Coppa del Mondo arrivi a popolare i sogni di tifosi e calciatori, in Brasile c'è già un formidabile attaccante capace di superare i 1000 gol in carriera.
Figlio di un commerciante tedesco e di una lavandaia brasiliana, Arthur Friedenreich è senza ombra di dubbio il primo “Rey” del calcio brasiliano e non solo. Gli inizi si dividono tra il Germania, club fondato da tedeschi nel quale il padre lo iscrive per integrarlo, in un mondo ancora fortemente razzista, e l’Ipiranga, al quale si trasferisce quando non ne può più di nascondere le sue vere origini, lisciando i capelli crespi con abbondanti applicazioni di brillantina. Ed è lì che gioca, e segna, quando nel 1914 viene convocato per la prima partita ufficiale della nazionale brasiliana, opposta agli inglesi dell’Exeter City. La gara, combattuta ben oltre il limite, finisce 2-0 per il Brasile, due come i denti che al fischio finale mancano al giovane Friedenreich, felice lo stesso, pur non avendo segnato. Da questo momento è proprio grazie alla nazionale che la sua fama decolla. Nel 1916 partecipa alla prima edizione della Copa América, chiusa al terzo posto dopo la decisiva sconfitta contro l’Uruguay campione. L’anno dopo passa al Paulistano, l’antenato dell’odierno San Paolo, dove in nove anni metterà a segno quasi trecento gol, conquistando titoli statali e nazionali.
Il 1919 è l’anno della svolta. Il Brasile ospita la Copa América e si gioca la vittoria finale allo spareggio contro l’Uruguay. La gara è lunghissima, forse la più lunga di sempre coi suoi quattro tempi supplementari, visto che lo 0-0 non si sblocca. I giocatori sono stremati, ma non tutti, perché Friedenreich ha ancora la lucidità per sfruttare l’occasione della vita e segnare la rete decisiva. Il Brasile è campione del Sudamerica per la prima volta e anche i giornali uruguayani esaltano il suo bomber, lodandone l’energia infinita e soprannominandolo “El Tigre”. Friedenreich viene portato in trionfo dai tifosi, dallo stadio fino al centro di Rio de Janeiro, le sue scarpe vengono esposte come reliquie e gli viene dedicata una canzone di successo dal titolo “Um a zero”.
Il Brasile è ai suoi piedi, il Sudamerica lo osanna, ma in Europa sono scettici. Difficile credere che esista davvero un brasiliano con quel nome tedesco. Nel 1922 fa il bis in Copa América, anche se non gioca la finale perché, si dice, il presidente della federazione non vuole giocatori di colore in campo, e nel 1925 giunge il momento di far ricredere gli europei. Il Paulistano è la prima squadra ad attraversare l’Atlantico per una tournée e a Parigi Friedenreich viene acclamato come “Le Roi des rois”, il Re, “O Rey”, prima di chiunque altro, dopo una tripletta nel 7-2 che i brasiliani rifilano alla nazionale transalpina. A fine decennio passa al São Paulo da Floresta e poi, nel 1931, al Flamengo, col quale chiuderà la carriera tre anni dopo, non prima di aver realizzato il primo gol del calcio professionistico brasiliano, nel 1933.
L’unico cruccio, così come sarà qualche decennio dopo per Alfredo Di Stéfano è il non aver potuto giocare nemmeno una partita di Coppa del Mondo. L’unica occasione, quella del 1930, sfumò per colpa di divergenze tra le federazioni carioca e paulista, che portarono a formare la nazionale diretta in Uruguay con giocatori solo della prima. Gli restano quattro campionati nazionali, sei paulisti e oltre venti titoli di capocannoniere. Oltre alla soddisfazione di essere stato il primo a superare quota 1.000 gol. Sul totale, purtroppo, c’è incertezza data la scarsità di fonti. Il dato ufficiale, approvato dalla FIFA, parla di 1.239 gol, mentre alcune fonti fanno pensare ad un possibile errore di trascrizione, dando come dato finale 1.329 reti, che ne farebbero il miglior goleador di sempre, davanti pure a Pelé fermo a 1.281.
Le maggiori differenze con Pelé, però, riguardano la sua vita dopo il ritiro e dopo aver completamente abbandonato il mondo del calcio. Lavora come ispettore alle vendite della Compagnia Antartica Paulista e finisce per venire presto dimenticato, scavalcato da nuovi idoli. Morirà nel 1969, dimentico egli stesso, per colpa dell’arteriosclerosi, dell’uomo che trasformò il football in futebol, dei suoi gol, della sua gloria e del suo nome: Arthur Friedenreich.
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