Dal 1997 al 2001, gli anni del Fenomeno
Il millennio si chiude col doppio trionfo brasiliano targato Ronaldo, che confermerà il suo ruolo di squadra guida del continente vincendo il mondiale del 2002. Nel frattempo, l'anno prima, la Colombia festeggia la sua "prima volta".
Le ultime due edizioni del secolo hanno un unico protagonista, probabilmente il miglior giocatore del decennio, quel Ronaldo che proprio nel 1997 passa dal Barcellona all’Inter dopo un lungo corteggiamento. In Bolivia trascina i suoi a punteggio pieno nel girone, davanti a Messico e Colombia, mentre altrettanto fanno i padroni di casa, che sperano come sempre nell’altura, la loro arma segreta. Fatica un po’ l’Argentina, invece, preceduta a sorpresa dall’Ecuador. Ai quarti Ronaldo è ancora protagonista, con la doppietta decisiva al Paraguay, pur facendosi parare un rigore da Chilavert. La Bolivia si conferma eliminando la Colombia con le reti dei suoi due uomini migliori, Etcheverry ed Erwin “Platini” Sanchez, mentre il Messico ha la meglio solo ai rigori sull’Ecuador e l’Argentina torna mestamente a casa, sconfitta dal Perù in una gara arbitrata da un ancora sconosciuto Byron Moreno e finita (casualmente?) con quattro espulsi, rapporti diplomatici compromessi e minacce di azioni legali. La possibilità di un Perù “ammazza grandi” naufraga in semifinale, sotto un’impietosa pioggia di gol brasiliana. Finisce 7-0 e non c’è nemmeno bisogno di scomodare Ronaldo. Nel frattempo, a La Paz, prosegue il sogno boliviano dopo il 3-1 in rimonta al Messico. Sulla carta per la finale non c’è storia, ma l’altura può fare miracoli, o almeno così sperano i padroni di casa. E in effetti la finale è più combattuta del previsto. Edmundo porta avanti il Brasile poco prima dell’intervallo, in chiaro fuorigioco, ma già prima che l’arbitro mandi tutti negli spogliatoi Erwin Sanchez agguanta il pareggio con la complicità di Taffarel. Nella ripresa il Brasile attacca, la Bolivia sfiora il colpaccio, ma a dieci minuti dal termine ci pensa Ronaldo a scacciare i fantasmi, prima del colpo finale di Zé Roberto in contropiede.
Pur con qualche acciacco fisico di troppo Ronaldo è il trascinatore dei suoi anche due anni dopo, il modo migliore per dimenticare la traumatica finale mondiale di Parigi. Si gioca in Paraguay e il Brasile parte con un travolgente 7-0 al Venezuela, che sancisce l’esplosione di un altro talento, fresco esordiente nella prima squadra del Grêmio, Ronaldinho. Alla fine è primo posto davanti al Messico, mentre l’altra invitata, il Giappone, finisce mestamente ultimo nel raggruppamento vinto dai padroni di casa. Deludono, invece, Argentina ed Uruguay, che si accontentano delle posizioni di rincalzo nel terzo gruppo, precedute dalla Colombia. In questo girone entra nella storia la sfida tra argentini e colombiani, vinta per 3-0 da questi ultimi anche grazie al clamoroso tris di rigori sbagliati da Martín Palermo, bomber della Selección e del Boca Juniors. Ai quarti il Cile di Zamorano e Salas fa sua una splendida sfida con la Colombia, mentre il Brasile ha ancora una volta la meglio sull’Argentina. Sono Rivaldo e Ronaldo a firmare la rimonta, dopo il vantaggio iniziale di Sorín. Hanno bisogno dei rigori, invece, sia il Messico che l’Uruguay, rispettivamente contro Perù e Paraguay. In semifinale Ronaldo si riposa, ma ci pensa Marcio Amoroso, appena laureatosi capocannoniere della A con l’Udinese, ad aprire le marcature contro il Messico, prima del raddoppio di Rivaldo. Sull’altro campo Uruguay e Cile si giocano tutto ai rigori ed è la Celeste ad avere la meglio, rovinando i sonni al Brasile di Luxemburgo. Gli uruguayani sono sì in formazione rimaneggiata, ma i corsi e ricorsi storici spesso esigono attenzione. Non è questo il caso, però, perché il Brasile stavolta è davvero troppo forte. Già al ventesimo Rivaldo scavalca Carini di testa, prima di raddoppiare con una magia in area di rigore. La reazione uruguayana si ferma ad una traversa colpita dall’ex atalantino Magallanes prima dell’intervallo, visto che ad inizio ripresa arriva il tris di Ronaldo, lanciato dallo scatenato Rivaldo. Per la prima volta nella sua storia, dunque, il Brasile centra una doppietta.
Nel 2001 si disputa la prima edizione del nuovo millennio, e per l’occasione gli onori di casa toccano alla Colombia, che già più volte in passato ha dovuto rinunciare all’organizzazione per motivi economici. L’edizione è condizionata dall’assenza dell’Argentina, piegata dalla gravissima crisi economica che ha messo in ginocchio il Paese. Il ruolo di favorita è dunque tutto per il Brasile, che inizia perdendo col Messico, ma chiude il girone al comando davanti ai Tricolores e al Perù. I padroni di casa, dal canto loro, dominano a punteggio pieno davanti al Cile, in un girone agevole. Le sorprese maggiori arrivano quindi dal terzo raggruppamento, con l’Uruguay costretto al ripescaggio come migliore terza, preceduto dal Costa Rica e dall’Honduras, chiamato a rimpiazzare gli argentini. I centroamericani continuano a sorprendere anche ai quarti di finale, con la storica affermazione sul Brasile firmata dalla doppietta dell’attaccante giramondo Saul Martínez. Con lo stesso risultato di 2-0 avanza anche il Messico, contro il Cile, mentre saluta il Costa Rica, ribaltato dall’Uruguay che a questo punto resta l’unica squadra titolata ancora in corsa, visto che la quarta semifinalista è la Colombia, dopo un comodo 3-0 al Perù. I Cafeteros vedono alla loro portata un traguardo storico e non si fermano nemmeno davanti all’Honduras, battuto 2-0, mentre sull’altro campo il Messico ha la meglio contro l’Uruguay grazie alle reti di Borgetti e García Aspe. La finalissima è dunque un inedito assoluto e si ha la certezza che una nuova nazionale scriverà il proprio nome nell’albo d’oro. Si gioca a Bogotà e, trascinati dal pubblico, i giocatori di casa comandano le operazioni fin dal primo minuto. Manca però un attaccante in grado di scardinare l’attenta difesa messicana, che resiste fino al ventesimo della ripresa, quando l’interista Córdoba, nonostante superi di poco i 170 centimetri, stacca di testa più alto di tutti su una punizione dalla destra e si guadagna il diritto di alzare al cielo, da capitano, la prima Copa América vinta dalla Colombia nella sua storia.
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