Meno due alla copa: ecco il gruppo B© foto di Andrea Colacione Il gruppo B della fase a gironi salvo clamorose sorprese è senza storia e vede il Brasile come favorito assoluto non solo per il primo posto del girone ma anche per la vittoria finale insieme ai padroni di casa dell’Argentina. E’ la logica conseguenza di un curriculum che parla di ben cinque trionfi nelle ultimi sei edizioni, con l’unica interruzione del 2001 quando a vincere la “Copa” furono i padroni di casa della Colombia, guidati in panchina dal professor Francisco “Pacho” Maturana. Il Brasile di oggi è piuttosto differente da quello del recente passato e sta cercando di recuperare la propria identità, dispersa da tecnici che hanno cercato di “scimmiottare” nel peggiore dei modi il più antiquato modello europeo. Dopo i disastri dell’era Dunga che ha scelto a Sudafrica 2010 nomi e tattiche piuttosto bizzarre, la Federazione ha deciso di tornare all’antico affidando la guida tecnica a Mano Menezes, seconda scelta, seppur di lusso visto che Muricy Ramalho che all’epoca allenava il Fluminense ha deciso di rispettare il proprio contratto con il club di Laranjeras che ha poi condotto ad un titolo nazionale che mancava dalle bacheche del “tricolor carioca” dal lontano 1984. La CBF ha chiesto a Mano ovviamente risultati ma possibilmente anche un gioco spumeggiante per riaccendere gli entusiasmi di una torcida che gode giustamente di un innato fanatismo estetico. Il nuovo cittì che è un gaùcho (sud del Brasile, stato del Rio Grande do Sul ovvero la parte più vicina ad Argentina ed Uruguay), nella sua carriera ha praticato un calcio più difensivo (agli esordi nel piccolo XV de Novembro e nel Gremio) ed un calcio più offensivo, soprattutto negli ultimi tempi con il Corinthians. Oggi nel suo presente alla guida della Seleçào, forse il ruolo più scomodo del paese ma anche il più affascinante, sta provando a costruire una squadra che giochi bene al calcio, affidandosi davanti alle numerose individualità di cui dispone, inserendole però in un contesto che parla di una difesa “muralha” per dirla alla brasiliana e di un centrocampo che oltre ad inventare e costruire fa anche filtro. In pratica il suo concetto è un mix tra spettacolo ed equilibrio con un più che logico rinnovamento di alcuni interpreti, soprattutto quelli chiamati a suonare il violino. Il lavoro è a lungo termine e l’obiettivo finale è quello di vincere in modo spettacolare il mondiale casalingo del 2014 ma la “Copa América” non va assolutamente trascurata: i numerosi successi ottenuti dalla Seleçào nel recente passato e la storica e più che mai sentita rivalità con l’Argentina impongono a Mano ed a i suoi ragazzi di dare il massimo fino in fondo e quando si parla del massimo in Brasile non si può non alludere alla vittoria finale. Il Brasile è però un cantiere in costruzione e finora ha espresso lampi di calcio spettacolo uniti a cocenti delusioni come le ultime esibizioni con Olanda (sconfitta casalinga) e Romania (striminzita vittoria, nella gara d’addio di Ronaldo che si è divorato gol a grappoli per via dei chili che porta sul groppone). Le scelte delle convocazioni per la “Copa” hanno fatto come al solito discutere ma il problema è che il Brasile abbonda da sempre di campioni ed il numero massimo dei selezionabili è sempre fermo a ventitré. Anche se personalmente in alcuni ruoli forse avrei fatto scelte differenti. Ad esempio avrei chiamato il fortissimo Fàbio del Cruzeiro come vice Jùlio César tra i portieri, il geniale Oscar dell’Internacional di Porto Alegre che era il più grande talento del settore giovanile del Sào Paulo, il laziale Hernànes, i “sàopaulinos” Jean (giocatore molto duttile che agisce con pari disinvoltura in molti ruoli) e Casemiro (una sorta di Vieira meno potente e molto più tecnico di cui sentiremo parlare a lungo e che vedremo quasi certamente all’opera nel prossimo mondiale) e davanti con soli quattro attaccanti chiamati a fronte dei sei dell’Argentina, avrei aggiunto almeno un quinto nome, ad esempio quel Leandro Damiào esploso con raffiche di gol nell’Internacional e che per giunta Mano ha fatto esordire con ottimi risultati nell’amichevole contro la Scozia. A questi nomi possiamo aggiungere una serie di giocatori che giocherebbero tranquillamente titolari o quasi in molte nazionali. Gente come Renan Oliveira dell’Atletico Mineiro, Leo Moura, Renato Abreu, Williams, Thiago Neves, Ronaldinho e Diego Mauricio del Flamengo, Mariano e Gum del Fluminense, il giovanissimo “goleiro” Rafael, Arouca e Jonathan del Santos, Henrique, Thiago Ribeiro e Wallyson del Cruzeiro, Marlos e Luìs Fabiano (attualmente però infortunato) più l’eterno Rogerio Ceni del Sào Paulo, il portiere Neto della Fiorentina, l’ex genoano Rafinha, André Dias della Lazio, Juan della Roma, Nilmar del Villarreal, Jonas del Valencia, Guliano che è recentemente emigrato in Ucraina, Renato Augusto del Bayer Leverkusen, Fernandinho dello Shakhtar, Nené del PSG, Michel Bastos del Lione che forse è prossimo alla Juventus e persino i madridisti Kakà, ex simbolo della sua nazionale e Marcelo, lasciato a casa per motivi disciplinari. Tutta gente che farebbe la fortuna di numerose squadre nazionali, comprendendo per molti di loro anche la stessa Italia. Lasciamo da parte l’utopia o ciò che non è stato, concentriamoci invece su ciò che vedremo all’opera che è comunque già abbastanza. La nazionale di Menezes che esordirà il 3 luglio nel comodo match contro il Venezuela adotta di base il 4-2-3-1, modulo molto in voga nel Vecchio Continente ma con interpreti che dirigono l’orchestra in modo divino. Tra i pali c’è ancora l’interista Jùlio César, reduce da una stagione non completamente positiva ma che rappresenta pur sempre una garanzia, mentre i suoi vice saranno il concreto Vìctor del Gremio ed il “negào” Jefférson del Botafogo. La difesa rigorosamente a quattro è oggi indiscutibilmente la più forte del mondo. Al centro giocheranno il sempre più fantastico Thiago Silva ed uno tra l’eterno Lùcio e David Luìz che il Chelsea ha strappato al Benfica pagandolo giustamente in modo esorbitante. E poi all’occorrenza c’è sempre Luisào del Benfica che continua ad assicurare esperienza e dovute garanzie. Sulle fasce invece a destra Daniel Alves dovrebbe vincere il ballottaggio con Maìcon, mentre a sinistra forse possiamo individuare l’unico mezzo punto debole di una squadra che per il resto è un “dream team”. A contendersi il ruolo dopo l’esclusione di Marcelo che è superiore ad entrambi saranno André Santos del Fenerbahçe ed Adriano del Barcellona. Davanti alla difesa dovrebbero agire il fortissimo Sandro del Tottenham, giocatore di grandissimo livello per quantità e qualità ed uno tra gli altri due inglesi Lucas Leiva del Liverpool e Ramirés del Chelsea. Poi davanti a loro lo spettacolo è assicurato con una batteria di trequartisti/seconde punte che dovrebbero essere uno tra il fenomenale Lucas del Sào Paulo (per lui clausola rescissoria di ottanta milioni!) o Paulo Henrique Ganso (se starà bene!), oggetto dei desideri del Milan e non solo, in mezzo, con i due “santistas” Elano a destra e Neymar a sinistra, pronto a far ammattire qualsiasi difensore con le sue finte e con i suoi giochetti e ad affiancare il milanista Alexandre Pato che dovrebbe essere il vertice alto dell’attacco con la possibile alternativa Fred sempre in caldo. Senza contare che c’è pure un certo Robinho che in qualche modo troverà il suo spazio e gente come Jadson (Shakthar Donetsk) ed Elias (Atletico Madrid) che non sono certamente gli ultimi arrivati. In definitiva questo nuovo Brasile che nasce dalle ceneri lasciate da Dunga è un concentrato di esperienza e di incosciente gioventù, di solidità fisica e di fantasia, di intelligenza tattica e di numeri circensi ed il 4-2-3-1 sembra essere l’abito ideale che il “sarto” Mano Menezes ha cucito sulla pelle dei suoi giocatori. Il modulo a mio avviso è quello giusto per le caratteristiche degli interpreti ma l’ultima parola come al solito spetterà al campo che emetterà promozioni e bocciature. Dietro al più grande colosso del calcio mondiale ci saranno Paraguay ed Ecuador a contendersi il secondo posto che vale il pass per i quarti di finale, con i primi che sono ancora un mezzo gradino sopra, a patto che però entrambi non sottovalutino troppo il Venezuela che ha due o tre giocatori interessanti. Il Paraguay ha stupito tutti a Sudafrica 2010, piegandosi solo alla Spagna futura campione del Mondo e per giunta per via di un semplice goal messo a segno da David Villa a sette dalla fine del quarto di finale. L’argentino Gerardo “El Tata” Martino, ex mezzala di talento del Newell’s old Boys è una sorta di “figlioccio” e di seguace di Marcelo Bielsa che ha avuto come tecnico proprio nei “los leprosos” (i lebbrosi) rosarini di cui è stato anche il capitano. Martino pur rifacendosi alle idee del maestro, in realtà applica uno schema più prudente che di solito è un 4-4-2, adattato all’avversario di turno. Dopo il mondiale voleva lasciare la carica di cittì dell’albirroja ma è ancora in sella con una squadra che è rimasta pressoché identica rispetto alla kermesse sudafricana. In porta troviamo Justo Villar, classe ’77 che dopo la parentesi al Newell’s old Boys milita ora nel Valladolid, nella Liga Adelante (la seconda serie spagnola). Dotato di notevole esperienza e di grande personalità è il capitano della squadra, mentre il suo vice sarà Diego Barreto, trentenne estremo difensore del Cerro Porteno, nonché fratello dell’atalantino Edgar che invece ritroveremo a centrocampo. Sulle fasce in difesa si giocheranno il posto da una parte Marcos Càceres del Racing Club ed Ivàn Piris che con il Cerro Porteno è stato il miglior rappresentante del ruolo nell’ultima Libertadores, mentre sull’altra corsia la concorrenza è addirittura a tre con Elvis Marecos del Guaranì Asuncìon, l’ottimo Darìo Veròn che milita nei Pumas messicani ed Aureliano Torres che è in forza invece al club argentino del San Lorenzo de Almagro e che è molto più abile nella fase di spinta che di copertura. Al centro della difesa i titolari dovrebbero essere Paulo da Silva del Saragozza ed Antolìn Alcaraz del Wigan Athletic ma non è da escludere che possa essere impiegato almeno in talune cicostanze Marcos Càceres come centrale. In mezzo al campo il faro del gioco sarà senz’altro proprio l’atalantino Barreto, in grado di fare al tempo stesso l’elemento di rottura ed il playmaker; accanto a lui agirà Cristian Riveros, classe ’82 del Sunderland, un altro elemento da tempo affidabile. Gli esterni alti invece saranno Jonathan Santana da una parte ed uno tra il più difensivo Enrique Vera della LDU Quito oppure il più offensivo Marcelo Estigarribia che milita nel Newell’s old Boys, squadra che come si è visto ha uno stretto legame con il Paraguay. Dietro questi nomi a centrocampo premono Victor Càceres del Libertad e l’esterno Hernàn Pérez, compagno di squadra di “Pepito” Rossi al Villarreal, oltre a Néstor Ortigoza del San Lorenzo. Davanti abbandonato lo stagionato Oscar Cardozo del Benfica, amatissimo in patria, le due punte titolari dovrebbero essere Lucas Barrios, argentino naturalizzato nonché fresco campione di Germania con il Borussia Dortmund ed uno da scegliere (sempre se non sarà come è probabile staffetta!) tra Nelson Haedo-Valdez, fresco di retrocessione con l’Hércules ed il solito Roque Santa Cruz che il City ha girato al primo amore Blackburn. Dietro di loro si accomoderanno silenziosamente in panchina Osvaldo Martinez del Monterrey e Pablo Zeballos dell’Olimpia, forse la squadra più importante del paese. Dalla lista dei 23 mancano alcuni nomi discretamente importanti come i difensori Miguel Samudio del Libertad e Ismael Banegas del Rubio Nu, come il centrocampista Osmar Molinas dell’Olimpia e giovani molto interessanti come il trequartista classe ’90 del Boca Juniors, Orlando Gaona Lugo, l’attaccante classe ’91 Federico Santander del Tolosa, già monitorato da Roma e Milan, Miguel Medina e Rodrigo Alborno, due ’93, Derlis Gonzalez, un ’94 che già milita nel Benfica e Juan Manuel Iturbe, argentino classe ’93 che è appena approdato dal Cerro Porteno al Porto e che è considerato una sorta di nuovo Messi. La federazione paraguaiana lo vuole naturalizzare a tutti i costi. Per il momento “El Tata” ha scelto ancora l’esperienza sulla gioventù ma dopo questa Coppa America ci sarà un ricambio generazionale di dimensioni fenomenali e questa banda di giovanotti inizierà a far parlare di sé anche a livello internazionale. Prima di gettare la spugna però i moicani di ieri e di oggi vogliono chiudere il loro ciclo, possibilmente stupendo ancora attraverso le armi dell’umiltà, dell’amalgama e della grinta. I leader di questa squadra sono giocatori abituati a non prenderle ma se gli si presenterà l’occasione propizia non si faranno pregare per affondare il colpo giusto. L’Ecuador invece come dicevamo è un gradino sotto ed ha accusato il colpo della mancata qualificazione a Sudafrica 2010 dopo le due prime presenze consecutive della sua storia. Il calcio ecuadoregno si mantiene su livelli accettabili ma dopo il boom della LDU Quito, prima squadra del paese capace di vincere Libertadores e Coppa Sudamericana, il “futbòl” locale deve completare ancora del tutto il proprio ricambio generazionale. Dopo la fine del ciclo di Luis Fernando Suàrez a Germania ‘2006, la Federazione aveva affidato la panchina a Sixto Vizuete che nel 2007 aveva vinto la medaglia d’oro ai Giochi Panamericani a Rio de Janeiro ma Vizuete ha fallito per un solo punto l’aggancio al mondiale sudafricano ed è quindi tornato a guidare la Sub (under) 20 con eccellenti risultati. Ora la nazionale A è nelle mani di Reinaldo Rueda, cittì colombiano che ha ricevuto la cittadinanza onoraria per aver saputo condurre l’Honduras alla fase finale del mondiale dopo ben 28 anni, un sogno che si era spento nel “Mundial” spagnolo dell’82 quando rimanemmo commossi dalle copiose lacrime del portiere Arzu. Rueda che ha studiato anche lui alla scuola di Maturana è un tecnico rigoroso ed il suo è un calcio senza fronzoli, basato in primis sul possesso palla e sull’ordine tattico. Il modulo è un 4-4-2 con poche varianti che in gran parte dipendono dall’avversario di turno. In porta il titolare sarà quasi certamente Marcelo Elizaga del Deportivo Quito e dovrebbe avere come immediato vice Maximo Banguera del Barcelona Guayaquil. Gli esterni difensivi saranno Neicer Reasco, dell’LDU Quito a destra e Walter Ayovì dei Rayados di Monterrey a sinistra, due elementi molti validi ma con la carta d’identità non più verdissima. Il primo è stato frenato da un grave infortunio nella sua esperienza con i brasiliani del Sào Paulo, mentre il secondo in passato avrebbe meritato un’opportunità nel calcio europeo. In mezzo, dopo le esclusioni di Guagua e di Isaac Mina, potrebbe giocare la coppia della LDU e cioè Norberto Araujo e Diego Calderòn. Le prime alternative per il reparto dovrebbero essere Geovanny Caicedo della Liga Deportiva Universitaria e Luis Checa del Deportivo Quito. Il centrocampo dovrebbe essere composto da Segundo Castillo del Deportivo Quito e dall’ottimo David Quiroz dell’Emelec in mezzo con ai loro lati Antonio Valencia del Manchester United sulla destra e l’eccellente Christian Noboa, classe ’85 che sta facendo benissimo anche con la maglia del Rubin Kazan a sinistra. Le alternative a centrocampo non mancano anche se non sono tutte eccelse: si va da Luis Saritama ed Oswaldo Minda, entrambi classe ’83 ed entrambi del Deportivo Quito a Michael Arroyo, classe ’87 che milita nel San Luis in Messico e per finire con il vecchio (è un ’79) Edison Mendez dell’Emelec, elemento dotato di tecnica e velocità ma non più freschissimo e non troppo continuo. Infine l’attacco dove i titolari sono indiscussi: si tratta di Felipe Caicedo, il cui cartellino è di proprietà del Manchester City e che quest’anno si è messo in luce in prestito con la maglia del Levante dove ha segnato 13 reti e di Christian “Chucho”Benitez, classe ’86 che gioca nell’América di Città del Messico. Entrambi sono elementi che possono accendersi da un momento all’altro, rendendo dura la vita a qualsiasi difensore con la loro forza fisica e la loro velocità. Le loro riserve saranno Jaime Ayovì del Toluca e Narciso Mina che gioca in patria con l’Independiente di José Teràn. Entrambi hanno vinto la concorrenza con i vari Franklin Salas che ora milita nell’Imbabura e con l’indisciplinato Joffre Guerròn, ex talento della LDU Quito che dopo essersi accasato al Cruzeiro ora milita sempre in Brasile con il Furaçào (l’uragano) dell’Atletico Paranaense. I punti di forza della squadra sono la forza fisica e la disciplina tattica ma la difesa non convince più di tanto, anche perché alla lunga potrebbe pagare un certo logorio di alcuni suoi elementi. Intanto prima di concludere con il Venezuela vi consigliamo di gettare un occhio per il futuro sui giovanissimi Marlon de Jesùs, classe ’91 di “El Nacional”, su Joao Plata, classe ’92 che milita nel Toronto in Canada e sui due talenti della sub 20: John Narvàez e Fernand Gaybor, giocatori che probabilmente come al solito i dirigenti italiani vedranno quando ormai è troppo tardi. A chiudere il girone ci sarà il Venezuela che deve ancora crescere molto in tutti i sensi ma che con l’inizio del nuovo secolo ha compiuto passi da gigante. Fino ad allora il nulla dal momento che il calcio aveva un seguito ridottissimo e pagava dazio non solo al baseball (beisbol per dirla alla spagnola)ma persino al Basket, unico paese latinoamericano a non impazzire per il gioco della pelota. Però nella terra di Simòn Bolivar ora vogliono recuperare il tempo perduto e già si è visto qualche risultato incoraggiante. La prima parte del lavoro l’ha svolta ottimamente Richard Pàez, ex giocatore della “vinotinta” (soprannome della nazionale) e poi cittì in carica fino al 2007. Pàez ha lavorato molto sugli schemi, sulle idee e sulla mentalità dei giocatori locali e nell’ultima Coppa America, ospitata nel 2007 è riuscito persino a vincere il girone, salvo poi cadere ai quarti di finale. In quella circostanza il resto lo fece il presidentissimo della nazione Hugo Chàvez, grande amico di Diego Maradona che sovvenzionò grazie al notevole flusso di denaro proveniente dal petrolio appena nazionalizzato tutto il movimento calcistico. Chiusa la parentesi Pàez, si è seduto in panchina il nuovo commissario tecnico, il 38enne César Farìas che sta sfruttando il crescente entusiasmo nel paese per questo sport che in Venezuela è ancora sin troppo giovane. Il nuovo cittì predica aggressività, coraggio, grinta e decisione sottoporta, tutti concetti che i giocatori dovranno metabolizzare nel più breve tempo possibile. Nel frattempo però a testimonianza della crescita del movimento va detto che il Venezuela sta iniziando ad esportare giocatori, in qualche caso anche di buon livello persino in Europa. Il primo è stato Juan Arango, 31enne esterno del Borussia Monchengladbach che ha giocato a lungo anche nel Maiorca; ora a fargli compagnia nel Vecchio Continente ci sono pure i vari Nicolàs Fedor (Getafe), Roberto Rosales (Twente Enschede), Tomàs Rincòn (Amburgo), Ronald Vargas (Club Bruges) e soprattutto i migliori talenti Yohandry Orozco (Wolfsburg) e Salomòn Rondòn (Malaga) che quest’anno ha segnato 14 reti nella Liga, incantandomi ogni volta che l’ho visto all’opera. L’undici titolare della vinotinta che si schiera con il 4-4-2 dovrebbe essere composto dall’esperto portiere Renny Vega del Caracas; in difesa da destra a sinistra Roberto Rosales, Grenddy Perozo che milita nel Boyacà Chico in Colombia, José Manuel Rey e Gabriel Chichero che gioca invece in Argentina nel Newell’s old Boys; a centrocampo invece i centrali dovrebbero essere Tomàs Rincòn e Gìacomo Di Giorgi oppure il nuovo talento Yohandry Orozco con Juan Arango ed uno da scegliere tra Luis Manuel Seijas (anche lui in Colombia con il Santa Fe) e César Eduardo “Maestrico” Gonzàlez (Gimnasia Y Esgrima La Plata in Argentina) sulle fasce. Infine l’attacco dove i titolari saranno certamente la nuova stella José Salomòn Rondòn e l’esperto Giancarlo Maldonado, in nazionale da una vita e che ora milita nel club messicano dell’Atlante. Dietro di loro scalpitano però Nicolàs Fedor, Daniel Arismendi, un altro della vecchia guardia e Alejandro Moreno che indossa la maglia dei Chivas negli Usa. Il Venezuela difficilmente riuscirà a superare indenne il girone però può accumulare ulteriore esperienza, può migliorare ancora un po’ e può mettere in vetrina qualche giocatore di talento: la “Copa América” è anche e soprattutto questo. Altre notizie - Editoriale
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