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La notte dei talenti: da Vidal a Lodeiro, la Copa incomincia a brillare

La notte dei talenti: da Vidal a Lodeiro, la Copa incomincia a brillare

© foto di Andrea Colacione
 di  Andrea Losapio   vedi letture

Finalmente c’è stata una piccola ma quanto mai salutare schiarita in termini di gioco e di gol perché la Coppa America stava perdendo appeal e rischiava di tramutarsi in una sorta di sonnifero mentre una moltitudine di “maniaci” del pallone sperava di sostituirla alla vitamina C.

Abbiamo visto dapprima l’Uruguay che come vi avevo anticipato ieri ha faticato contro il Perù, al quale Sergio Markariàn è riuscito a dare miracolosamente compattezza ed organizzazione tattica, nonostante si presentasse falcidiato dalle numerose assenze. Markariàn è uruguaiano anche lui, seppur di origine armena e finora non ha mai perso contro la nazionale del suo paese, ogni qualvolta si è seduto su una panchina avversaria. La Celeste sperava di interrompere il tabù ieri sera ma ancora una volta è andata male e anzi gli orientales - che non vincono contro la nazionale Inca in Coppa America dal lontano 1983 - hanno rischiato e non poco ad inizio e a fine match di uscire dalla “cancha” a mani completamente vuote. Markariàn che è un tecnico di grande esperienza e personalità è riuscito in breve tempo quantomeno a dare un ordine al gruppo in campo e fuori dopo che prima di lui avevano fallito molti tecnici tra cui alcuni nomi altisonanti come ho scritto in sede di presentazione.

La squadra peruviana ieri in campo ha dato l’anima, ben sapendo di essere inferiore all’Uruguay dal punto di vista tecnico e di dover fare a meno di gente come Carlos Zambrano, leader della difesa, di Luis Ramìrez ed inizialmente di Juan Manuel Vargas a centrocampo e dei vari Claudio Pizarro e Jefferson Farfàn in attacco. Il secondo cittì più pagato del Sudamerica ha disegnato la squadra con una sorta di 4-2-3-1 molto elastico e non troppo offensivo, con gli intermedi di centrocampo molto bravi ad appoggiare l’attacco in fase di ripartenza e ad aiutare la difesa quando ad attaccare era l’Uruguay. A parte la tattica i migliori nel Perù mi sono sembrati il portiere Fernàndez che ha collezionato il suo ottavo gettone di presenza,  il “volante” basso Michael Guevara dello Sport Boys, autore dello splendido lancio che ha spedito in porta Guerrero in occasione del provvisorio vantaggio e l’altro centrocampista Rinaldo Cruzado del Juan Aurich oltre allo stesso Paolo Guerrero che è stato senz’altro il miglior uomo in campo dei suoi. Lucido e sempre attivo, il centravanti dell’Amburgo si è anche sacrificato molto, spendendosi per la causa e rendendosi utile in fase di recupero. Inoltre ha segnato il gran gol del vantaggio illusorio, dopo aver approfittato di una colossale dormita della coppia dei centrali celesti Lugano-Victorino e dopo aver scartato Muslera, oltre ad avere persino sfiorato in chiusura di match un altro gol di testa che avrebbe consentito ai suoi di vincere la gara, fallito probabilmente per la troppa stanchezza. Molto bene è andato anche il fiorentino Vargas che è entrato al 60’ al posto di Yotun e che oltre ad aver sfiorato una rete si è reso protagonista con la sua consueta spinta lungo l’out mancino effettuando i suoi soliti meravigliosi fendenti alla ricerca delle punte in area di rigore.

Nell’Uruguay il migliore non solo del tridente ma di tutta la squadra è stato Luìs Suàrez e mi fa molto piacere perché dissi che si trattava di un fuoriclasse ai tempi in cui militava nel Groningen. Ha segnato il gol del provvidenziale pareggio ed è stato spesso pericoloso, innescato da “Nico” Lodeiro (ottima la sua partita!), altro talento purissimo che monitoro dai tempi in cui militava in patria con il Nacional. Cavani si è sacrificato molto, lottando su ogni pallone ma è chiaro che il ruolo di grande dispendio fisico  che gli ha disegnato Tabàrez nel tridente lo sfianca e lo penalizza in zona gol. Ed a proposito di zona gol, va rimarcata la clamorosa rete del 2-1 fallita da Forlàn che ha fornito una prestazione tra luci ed ombre. Infine mi ha sorpreso l’iniziale difficoltà di Diego Lugano, leader storico della sua nazionale che ha iniziato il match molto male, riprendendosi però alla distanza.

Alla fine ritengo che questo pareggio sia stato giusto: un pareggio che ha confermato il sostanziale equilibrio tra queste due squadre con entrambe le difese che sono apparse in difficoltà sulle verticalizzazioni avversarie. Poi ho fatto mattina per ammirare finalmente il Cile che vi ho tanto decantato in questi giorni e francamente è stata la squadra che mi ha sin qui maggiormente divertito come d’altronde mi aspettavo.

La formazione di Claudio Borghi ha dominato il match dall’inizio alla fine ma ha rischiato dapprima di perderlo ed infine di  pareggiarlo a causa di motivi che vi avevo già anticipato nei giorni scorsi. In primis alla “Roja” manca maledettamente un centravanti di peso, cattivo e cinico sotto porta e poi deve evitare alcune distrazioni dovute alla deconcentrazione che in un torneo così equilibrato possono in futuro costare care. I cileni sono subito partiti forte ed hanno sprecato già al 5’ il vantaggio con Alexis Sanchez che ha angolato troppo il tiro e poi dopo essere andati vicini al goal altre due volte con Humberto “El Chupete” Suazo hanno subito una doccia fredda in chiusura di prima frazione; su una punizione calciata in area, Isla è arrivato in ritardo sulla copertura ed il difensore Néstor Araùjo ha potuto insaccare con un colpo di testa a palombella.

Nella ripresa il Cile ha spinto subito sull’acceleratore  ma ha fallito ancora un’altra occasione con il “Chupete” che ha sparato sul portiere Luìs Michel. Al 60’ però Borghi ha riscritto la storia del match, facendo un cambio da grande stratega e riparando così a precedenti errori. E’ entrato infatti Esteban Paredes, bomber del Colo Colo al posto dell’esterno sinistro di centrocampo Jean Beausejour e la sostituzione ha portato un doppio vantaggio. Infatti oltre a dare maggior peso all’attacco che con il solo Suazo era un po’ leggerino ha consentito al grande talento Arturo Vidal di spostarsi sulla sinistra del centrocampo, ruolo che ha mostrato di gradire maggiormente rispetto a quello di “volante” basso in coppia con Gary Medel che ne ha limitato la creatività offensiva. Alla fine è stato proprio lui il match winner con un meraviglioso colpo di testa su angolo battuto da “Mati” Fernandez che con un altro corner aveva innescato anche l’azione del pareggio, avvenuto in mischia grazie proprio a Paredes, l’attaccante entrato dal “banco de los suplentes”.

Il Cile ha incantato per lunghi tratti del match, nonostante Sanchez sia andato a corrente alternata e Vidal abbia sofferto un po’ il ruolo iniziale, salvo poi brillare nel finale. In difesa mi sono piaciuti molto Waldo Ponce che consiglierei al calcio italiano, visto che è già maturo da tempo e  Pablo Contreras che gioca in Grecia con il Paok ma che ha già spento da tempo le trenta candeline mentre “Matigol” Fernandez mi ha accontentato, mostrando di essere in grande ripresa, aiutato dalla fiducia totale che Borghi nutre  in lui e dal suo piede magico che gli ha consentito di calciare due splendidi corner che hanno fruttato entrambi i gol della “roja”. Il Messico finché ha potuto ha retto, grazie alla buona organizzazione difensiva ed all’esperienza di qualche uomo del pacchetto arretrato ma alla fine ha dovuto arrendersi a chi è effettivamente più forte. D’altronde si è presentato con una sperimentale e dovrà accontentarsi di un piccolo simbolico primato. Il campionato messicano è quello più presente in questa “Copa” con ben 35 calciatori tra cui i cileni Miguel Pinto, portiere di riserva che milita nell’Atlas, il difensore Waldo Ponce (Cruz Azul) e l’attaccante Humberto Suazo (Monterrey). La “Copa” si ferma per un giorno e riprenderà domani notte con la scoppiettante Argentina-Colombia. Io nel frattempo vi  do appuntamento a domani, spero con qualche piacevole sorpresa.


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