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Juventus, chiudi per Aguero! Argentina, è sempre più dramma nazionale

Juventus, chiudi per Aguero! Argentina, è sempre più dramma nazionale

© foto di Andrea Colacione
Nato a Roma il 02/08/1969, ha collaborato per numerose testate come Guerin Sportivo, Calcio 2000, Eurocalcio, Goal e alcuni quotidiani come Momento Sera, L'Umanità, Il Tempo, Corriere dello sport e sulle pagine romane de La Stampa.
 di  Andrea Colacione   vedi letture

E’ come se fosse cascato il governo degli Stati Uniti, anche se si parla soltanto di calcio! Il pareggio dell’albiceleste contro i modesti boliviani è un qualcosa che va ampiamente oltre la più folle immaginazione e personalmente mi ha lasciato sbalordito,anche se mi rendo conto di non essere granché originale. Gran parte del popolo argentino è ancora in lutto per la retrocessione del River Plate che con tutta la buona volontà non si riesce proprio a metabolizzare e come se non bastasse, ora, l’intera folla calcistica inizia ad allarmarsi anche per la sorte della  propria nazionale che nonostante gli innumerevoli talenti ha mostrato lacune preoccupanti. Il calcio argentino dispone di un materiale molto ricco e prezioso ma ha il dovere di interrogarsi sul perché non riesce più a tramutare in oro i propri diamanti.

Una risposta me la sono data da tempo e ritengo che la colpa principale sia da attribuire ad una totale disorganizzazione e a una classe dirigenziale che pensa solo ai fatti propri. Gli argentini sono da sempre un popolo che mixa alla perfezione il talento con il carattere ed il calcio in tal senso non fa eccezione, anzi alimenta ulteriormente questa caratteristica. Però non basta avere un nome così altisonante perché quando si sbaglia troppo e soprattutto si persevera sugli stessi errori, prima o poi si viene puniti come insegna la recente retrocessione della “banda roja”. L’AFA (la Federazione calcistica argentina) sta sbagliando da tempo e soprattutto sta ripetendo gli stessi errori: clan e bagarre interne certamente non aiutano tutto il movimento. Quanto  sono lontani i tempi del “Metropolitano” e del “Nacional”, coppe e campionati veri, con diversi club che allestivano ancora rose di ottimo spessore tecnico? Tanto, troppo: il passato è stato purtroppo spazzato via da un presente che ha avvilito oltre che indebolito l’antica e prestigiosa tradizione di un “fùtbol” fantastico che oggi non esiste più. Come si fa ad assegnare un titolo (anzi due nello stesso anno) con tornei così corti e che per giunta sono pure spezzettati a causa delle esigenze televisive e di alcune “barras bravas”, le parti più “calienti” delle tifoserie che spesso e volentieri impediscono l’inizio o la conclusione di un match.  Il resto lo fanno poi i presidenti dei club che per coprire i debiti o più spesso per riempire le rispettive tasche, vendono e svendono calciatori in serie. Il calcio argentino che pure sul piano del talento può tranquillamente competere, dovrebbe prendere come esempio il calcio brasiliano che invece pur tra mille peripezie si sta dando un’organizzazione più che mai adeguata e sta riportando a casa i propri campioni, riaccendendo l’entusiasmo dei “torcedores” e riattivando un’economia che solo qualche lustro fa sembrava defunta.

Per vincere nel calcio come nella vita ci vogliono tanto coraggio, idee da portare avanti fino in fondo e molto sudore. Il mio potrebbe sembrare un discorso troppo pessimistico, almeno per ciò che concerne la “Selecciòn” ma il match contro la Bolivia ci ha dimostrato per l’ennesima volta che il campo a volte ti può punire anche se hai a disposizione fuoriclasse assoluti come Messi, Tévez, Aguero, Di Maria, Pastore e Milito o leader indiscussi come Zanetti e Cambiasso che pure sono professionisti inappuntabili. Non bastano i nomi se poi in campo c’è confusione o disorganizzazione. L’Argentina del “Checho” Batista è apparsa sin troppo sfilacciata tra i reparti e come vi avevo anticipato in sede di presentazione ha mostrato una difesa tutt’altro che rassicurante ed un centrocampo che a causa delle tre punte ha dovuto pensare a proteggere il pacchetto arretrato, piuttosto che a costruire gioco. In realtà non ha fatto neanche questo. Banega ha sofferto tantissimo il pressing avversario ed ha combinato il pasticcio sulla linea di porta che ha regalato il gol del provvisorio vantaggio ai boliviani. Un gol che però non rende esenti da colpe i difensori, piazzati molto male e poco reattivi sul calcio d’angolo e sul conseguente colpo di tacco del brasiliano naturalizzato Edivaldo che per quanto fulmineo ed elegante non era impossibile rendere innocuo.

Persino “El Cuchu” Cambiasso (sostituito a fine primo tempo), uno che di solito non tradisce mai ha accusato il colpo anche perché non era assistito da una condizione atletica adeguata e Mascherano non ha certamente fatto meglio di lui. Davanti poi due dei tre tenori mandati inizialmente in campo hanno steccato clamorosamente: Lavezzi è apparso nervoso ed inconcludente, mentre Tevéz - a cui Batista ha concesso piena fiducia - è partito bene ma si è spento con lo scorrere dei minuti. Si è salvato il solo Messi che ha cercato di fare il massimo ma che ha dovuto spesso abbassarsi dal momento che non sono quasi mai arrivati i rifornimenti dal centrocampo.

A salvare il salvabile ci ha poi pensato el “Kun” Aguero, entrato a venti dalla fine al posto del “Pocho” Lavezzi. Il Kun è apparso subito molto ispirato e motivato e già cinque minuti dopo il suo ingresso in campo ha segnato una rete fantastica su assist di petto di Burdisso che andrebbe messa di diritto in tutte le sigle televisive. La Juventus farebbe bene a chiudere subito l’operazione senza troppe storie, prima che sia troppo tardi. Aguero può fare la differenza ma sia ben chiara una cosa: Marotta attorno a lui dovrà costruire una squadra equilibrata e ricca di talento anche sulle fasce ed a centrocampo, altrimenti un investimento di tale portata potrebbe rendersi inutile. Tornando all’albiceleste è chiaro che c’è tutto il tempo per rimediare, visto che si qualificano ai quarti le prime due di ogni girone più le due migliori terze ma il pareggio e la prestazione di ieri  rimangono una macchia difficilmente cancellabile; una macchia che rischia di far perdere autostima alla nazionale di Batista e conseguentemente di accrescere quella dei rispettivi avversari, Brasile in primis.

La Bolivia è andata ampiamente oltre le più rosee previsioni ed ha meritato il pareggio con una gara tutta pressing e spirito di sacrificio ma non illudetevi: nonostante il botto iniziale e nonostante l’impegno profuso non andrà troppo lontano. Stasera alle 20,00 italiane scenderanno in campo i “Cafeteros” colombiani contro i “Ticos” costaricani.  Sulla carta è un match senza storia, visto che i colombiani sono una squadra ricca di talento e di organizzazione al contrario del Costarica che a causa della Gold Cup si presenterà con una nazionale sperimentale e sin troppo giovane che per giunta come anticipato nei giorni scorsi ha perso il difensore Dennis Marshall, morto in un incidente stradale ed il portiere titolare Esteban Alvarado che ha subito una pesante denuncia dalla moglie.

Occhio però perché in Coppa America come abbiamo visto ieri le sorprese sono all’ordine del giorno. I “Ticos” complessivamente sono modesti ma gente come Christian Bolanos, Bryan Ruiz e la giovanissima “pantera” Jonathan “Joel” Campbell, classe ’92 del Saprissa può punire ogni minima distrazione. La squadra del “Bolillo” Gomez però resta di gran lunga superiore: ha una difesa esperta che milita quasi tutta nella nostra serie A, un centrocampo dinamico e dotato di buona qualità dove spiccano Abel Enrique Aguila e soprattutto Freddy Guarìn del Porto, un elemento per cui stravedo così come per il suo compagno di club, quel Radamel Falcao Garcia che è la stella assoluta dell’attacco. Vi dò appuntamento a domani quando ad esordire sarà il gruppo B.


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