Brasile bello e perdente. Venezuela alla pari col Paraguay© foto di Andrea Colacione Che questa Coppa America fosse come un Pampero, ovvero quel vento freddo ed umido che spira da ovest nell’inverno argentino lo avevamo compreso già da un po’. Ma così è francamente troppo; neanche un mago avrebbe potuto immaginare che potesse spazzare via in un colpo solo tutte le principali favorite e le principali outsider. E così dopo Colombia ed Argentina, sono caduti sul campo di battaglia anche Brasile e Cile come vi avevo in un certo senso anticipato ieri. Queste due nazionali sono cadute con l’onore delle armi ed hanno avuto molta sfortuna ma alla fine sono pur sempre andate a casa prematuramente. La Seleçào di Menezes ha finalmente giocato da Seleçào, sviluppando un gioco spumeggiante e creando numerose palle gol ma un po’ per iella ed un po’ per imprecisione dell’attacco non è riuscita a concretizzarne neanche una, mentre la roja ha assediato il Venezuela per tutto il secondo tempo ma ha sbattuto ripetutamente contro i pali di Ronny Vega che è stato anche salvato numerose volte dai suoi difensori appostati sulla riga di porta. Il Brasile che ha aperto la serata contro il Paraguay si è presentato con un modulo più offensivo del solito: più o meno un 4-3-3 con un rigenerato Robinho che ha agito spesso da attaccante puro insieme a Pato e Neymar che nel primo tempo ha sprecato una favorevole occasione, sparando a lato dopo un assist dello stesso Robinho. Dopo un’altra palla goal non concretizzato da Lùcio il secondo tempo è iniziato con lo stesso canovaccio e cioè Brasile sempre in attacco e Paraguay a difendersi con le buone o con le cattive. Le occasioni fioccano ma sbattono su Villar, ottimo portiere dell’albirroja che salva al 67’ su Ganso e poi al 73’ con un miracoloso intervento su Alexandre Pato. Una parata mostruosa in cui l’arqueiro del Newell’s old Boys ha coperto la porta con tutto il corpo. Mano Menezes a questo punto inserisce Fred, forse anche per scaramanzia dato che era stato lui a scacciare via la paura nel precedente match contro il Paraguay, ma è ancora Villar a salvare in uscita su Pato. Sul conseguente calcio d’angolo il Brasile va ancora vicinissimo al goal ma il bellissimo colpo di testa di Fred viene salvato sulla linea dall’atalantino Barreto. I supplementari sono ormai inevitabili ma il Brasile inizia ad essere molto stanco; così Menezes ricorre ancora alla panchina, inserendo il talentuosissimo Lucas Moura al posto di un Ganso, come al solito inappuntabile palla al piede ma altrettanto poco dinamico. Poi scoppia la classica rissa sudamericana e ne fanno le spese da una parte Lucas Leiva e dall’altra il biancorosso Alcaraz, difensore molto duro. Il cittì brasiliano Menezes a questo punto toglie anche Pato ed inserisce Elano ma è il Paraguay ad andare vicino al gol beffa. E’ il 117’ quando su uno splendido cross di Estigarribia, Haedo Valdez non inquadra di pochissimo la porta con una rasoiata al volo. Si va all’inevitabile lotteria dei rigori; Villar ha stampata sul volto la maschera della tranquillità. Sembra quasi che già sappia come andrà a finire ed alla fine è proprio così perché accade l’inimmaginabile. Il Brasile per la prima volta in tutta la sua storia sbaglia quattro rigori su quattro, di cui tre non inquadrano neanche lo specchio porta, mentre il Paraguay dopo aver fallito con Barreto il primo penalty, trasforma i successivi due con Estigarrìbia e Riveros. Un epilogo del genere fa certamente impressione però oltre alla scarsa mira dei giocatori verdeoro, va rimarcata la scarsa tranquillità e soprattutto le condizioni dei terreni di gioco argentini che versano da tempo in uno stato pietoso e che ovviamente penalizzano i giocatori più tecnici. Zolle o non zolle è comunque il Paraguay ad andare avanti: il cittì Gerardo Martino riconosce che gli avversari avrebbero meritato la vittoria ma intanto si gode giustamente il passaggio alle semifinali, che fa seguito all’ottimo mondiale dello scorso anno in Sudafrica. Al Brasile che ho spesso criticato durante questa manifestazione, stavolta non posso rimproverare proprio nulla. Mi è piaciuto l’atteggiamento sempre propositivo e lo sviluppo della manovra; mi è piaciuta soprattutto la posizione di Robinho ed il numero di palle goal create ma più in generale rimango della mia idea e quindi continuo a sostenere che mancano un regista basso ed una prima punta: Fred o Leandro Damiào, non vedo altre soluzioni. La Federazione ha confermato la fiducia al proprio commissario tecnico, ma ora bisogna darci sotto perché il mondiale del 2014 non può essere fallito, costi quel costi. Un intero paese non vuole più rivivere il dramma del 1950, ovvero il famoso Maracanazo che ha riempito pagine e pagine di letteratura. Anche il Cile dicevamo è andato fuori in una gara che per molti versi mi ha ricordato quella della sera precedente tra Colombia e Perù. La formazione del “Bichi” Borghi ha disputato un pessimo primo tempo senza creare mai nulla ed è stata punita da un colpo di testa imperioso del centrale difensivo Osvaldo Vizcarrondo che al 35’ ha sbloccato il punteggio ed il match da una noia mortale. Dopo l’intervallo però è cambiata tutta la musica; Borghi che è allenatore vero, ancora una volta ha indovinato la mossa dalla panchina, inserendo subito il “Mago” Valdivia al posto di Carmona, incontrista dell’Atalanta. Ed infatti dopo una punizione di poco a lato in apertura del venezuelano Arango, uscita di poco, è subito Valdivia a salire in cattedra con la sua classe e la sua visione di gioco. E’ il 54’ quando il fantasista del Palmeiras inventa la giocata giusta ma dapprima un salvataggio sulla linea di Gabriel Cichero e poi una traversa di Humberto Suazo rendono il tutto vano. Valdivia però ha trasformato il Cile ed al 57’ colpisce di nuovo la traversa con una conclusione coordinata. Il Venezuela è sotto pressione e così César Fariàs inserisce forze fresche: Salomòn Rondòn e Luis Manuel Seijas al posto di Fedor e Maldonado. Il Cile che al 67’ si era divorato ancora il pareggio con un colpo di testa di Medel appoggiato tra le mani del portiere Vega, finalmente raccoglie i frutti di quanto seminato un minuto dopo. Alexis Sanchez offre dalla destra uno splendido assist ad Humberto Suazo che finalmente si sblocca girando a rete. Il Cile che stava dominando il match ormai da tempo ha l’occasione per chiudere ogni discorso anticipatamente ma il destino non è dalla sua parte. E’ il 71’, quando ancora “El Chupete” Suazo, galvanizzato dal gol sfiora la doppietta con un diagonale velenoso. Tuttavia quando nessuno se lo aspettava ormai più è il Venezuela a tornare in vantaggio a nove dalla fine. Punizione di Juan Arango non trattenuta da Claudio Bravo: sulla respinta irrompe Cichero che gela il sangue dei cileni siglando il 2-1. Poi accade di tutto: espulsione di Gary Medel un minuto dopo; altro salvataggio sulla linea dello stesso Cichero all’85’ e subito dopo l’impianto d’illuminazione dello stadio del Bicentenario di San Juan che va parzialmente in tilt. Arbitro e giocatori decidono di terminare il match in queste condizioni ma la roja ormai non ha più né gambe e né testa per reagire ed anzi rischia ripetutamente di subire il terzo goal. L’ultimo colpo di scena lo regala l’arbitro espellendo per un fallo che era da giallo il venezuelano Tomàs Rincòn e privando la vinotinta in semifinale del leader indiscusso del suo centrocampo. Il Venezuela che aveva inaugurato questo campo perdendo per 4-1 contro l’Argentina è già entrata nella storia, raggiungendo per la prima volta assoluta le semifinali di Coppa America. Historico, inolvidable, ovvero indimenticabile, ma seppur con molta fortuna il traguardo è meritato. La squadra di Fariàs ha convinzione nei propri mezzi ed organizzazione di gioco ma soprattutto ha lavorato molto e bene per poter fare bella figura. E mercoledì prossimo proverà a fare ancora meglio, sfidando ad armi pari il Paraguay a Mendoza. Altre notizie - Editoriale
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